Le rane

di Paolo Zatta

La rana é un anfibio anuro presente in Italia in molte varietà tra cui la più comune Rana esculenta.

Rana esculenta

Nel medioevo la rana veniva legata al mondo della stregoneria, per diventare successivamente una preziosa risorsa alimentare per il mondo contadino in quanto ricca di ferro e proteine utilizzata specie da chi non poteva affrontare i costi della carne rossa. Da piatto povero si sta ora riabilitando come piatto di nicchia raffinato, raro e talvolta costoso.

I piatti a base di rane sono notoriamente caratteristici delle località dove ci sono le risaie. La cucina piemontese ad esempio affonda le proprie radici nella cucina d’ ispirazione popolare e contadina, ciò non significa per questo che sia priva di eleganza e di raffinatezza. Intorno a Novara e Vercelli si coltiva uno dei più grandi quantitativi di riso di tutta Europa. Nei suoi terreni acquitrinosi si trova una delle prelibatezze della cucina piemontese, quali le rane, servite fritte od in guazzetto e ancora oggi uccise davanti al compratore per farne verificare personalmente la freschezza. Ma anche in Veneto non si scherza, specie nel veronese dove il riso fa da padrone.

Quando le rane popolavano numerose le nostre campagne, nessun contadino usava i pesticidi che erano ad esempio quelli naturali gracchianti e saltellanti, romantici ‘cantori’ nelle notti estive. E chi non ha portato in classe all’inizio dell’anno scolastico qualche ranocchio per fare uno scherzo ai compagni e per spaventare la maestra magari nascondendolo nel cassetto della cattedra.

Nel dopoguerra con l’avvento dei pesticidi chimici, la cosiddetta “rivoluzione verde” si spezzò quell’equilibrio armonico che durava da sempre distruggendo molte forme di vita animale, ma anche aumentando il reddito dei contadini. Da questa calamità nacque uno dei libri più intelligenti e sensati dell’ecologia ….di  “Primavera silenziosa” che narrava come sotto gli spruzzi dei veleni morivano in primo luogo gli insetti e poi, risalendo la catena alimentare, i rettili e gli uccelli. Le rane, che si cibavano d’insetti, finirono velocemente con lo sparire dal paesaggio agreste. E di conseguenza anche dalle tavole dei buongustai.

Nel primo dopoguerra la presenza delle rane era incoraggiata, soprattutto dai coltivatori di riso, che ne favorivano la riproduzione come ‘insetticida naturale’, senza contare poi che finito il ciclo di coltivazione la risaia veniva svuotata dall’acqua, e sul terreno rimanevano numerosi i ranocchi che erano destinati alla padella. Oggi la maggior parte della carne di rana consumata in Italia proviene dai paesi balcanici  specie dalla Romania e dall’ ex Jugoslavia se non dalla Turchia, dove la rana rappresenta ancora una fonte di reddito e di sostentamento per molti.

Il nutrizionista Giorgio Calabrese ci ricorda che una recente normativa della CEE ha regolamentato il commercio di questo tipo di carne che, in ogni caso, deve essere venduta solo dopo aver privato l’animale delle interiora. Sui banchi delle migliori pescherie arrivano quindi una sorta di ‘filetti’ di rana che poi, in ultima analisi, filetti non sono. I consumatori prediligono infatti la parte terminale del busto e le cosce.

Da un punto di vista nutrizionale la carne di rana non presenta nessun tipo di controindicazione, e può quindi essere consumata da tutti.  Le carni sono prelibate, tenere, praticamente senza grasso e dunque eccellenti dal punto di vista dietetico, come già riportava Michele Savonarola1, medico, professore all’Ateneo patavino, nonché nipote di quel frate Girolamo finito sul rogo.

Se acquistata presso i punti vendita autorizzati la rana può essere tranquillamente mangiata dai suoi estimatori, cosa che non si può dire per gli animali catturati nei fossi, stagni ecc.. Le carni della rana sono ricche di ferro e di proteine. Un tempo le rane, venivano pescate sia di giorno, ma anche di notte con una lampada a carburo mediante con una bacchetta a cui veniva fissato un filo con l’esca, sovente un pezzo di panno rosso. Piatto prelibato, rappresentava una alternativa alimentare della povera gente. Oggi le rane sono molto meno numerose che in passato a causa dei diserbanti e per il livellamento dei terreni, quando un tempo la terra mossa creava pozze d’acqua più persistenti e gli zoccoli dei cavalli utilizzati nel lavoro dei campi formavano nicchie nel suolo. Cosicché attualmente le difficoltà sia di approvvigionamento sia di preparazione ne fanno un cibo cult  o di nicchia piuttosto costoso e certamente non comune. In Toscana uno degli appuntamenti culinari più famosi è a Brolio, minuscolo borgo della Valdichiana in provincia d’Arezzo.

Risotto con le rane

Nel cuore della Saccisica, poco oltre Piove di Sacco, là dove il padovano diventa “museo aperto” di antiche Corti Benedettine e la cucina mantiene più che altrove le proprie tradizioni, Arzegrande denuncia sommessamente le proprie origini romane. Terra ricca d’acque, non poteva sottrarsi alla gracidante sollecitazione di portar rane in cucina, maritate come in questo caso al riso, in un piatto tradizionale della pianura padano-veneta. Un tempo i fossi ne abbondavano specie prima dell’avvento della “rivoluzione verde”. Questa caratteristica culinaria della Saccisica fece riflettere già nell’’800 qualcuno che si chiedeva come mai la passione per questi batraci non potesse diventare un vero business. A tale proposito si riportava che negli Stati Uniti d’America l’allevamento dei ranocchi ha formato un vero nuovo ramo dell’industria. Nell’Illinois si alleva il ranocchio Gaslin, che é bellissimo e di grande specie. Il sig. Souté di Elgin, che ha creato questo nuovo ramo dell’allevamento industriale di batraci commestibili, porta i suoi prodotti sul mercato della propria città e si propone ora di recarsi a Chicago e a Cincinnati per produrre i medesimi a quei grandi centri di colazione. E noi che ci troviamo nel mezzo delle rane?2 La domanda non ha avuto una risposta. Per la fortuna degli estimatori dei piatti di rane ancora oggi in quel di Arzegrande è possibile gustare un ottimo risotto di rane, oppure le rane fritte o le rane in tocio, e speriamo di poterlo fare ancora per molto.

Note

1Michele Savonarola (Padova,1385 – 1466) medico, umanista e scienziato. Professore di medicina all’Università di Padova e Ferrara, tra le sue opere più note troviamo per importanza la (Pratica de egritudinibus a capite usque ad pedes che racchiude tutto lo scibile sulla medicina di allora sulla pratica medica basata sull’esperienza.Altra opera studio  moderni sulla pediatria e la puericultura. Può essere considerato come il naturale continuatore di Pietro d’Abano.

2Il Raccoglitore (1880) A.III, n.24, p.383.