Il sesto senso… é grasso

Credo che  i più oramai sappiano che i gusti fondamentali percepibili dall’uomo sono quattro: DOLCE, SALATO, ACIDO E AMARO. Una volta si pensava che ciascuno di questi gusti fosse percepito dalle sole papille gustative della lingua in microzone specifiche per ogni uno dei quattro gusti. Oggi, la fisiologia del gusto, ci insegna che, oltre ad alcune aree della lingua più sensibili a percepire ciascuno dei quattro gusti, è tutto il cavo ad essere orale coinvolto nella percezione gustativa.

Più recentemente ai quattro gusti fondamentali si è aggiunto un quinto chiamato UMAMI, che viene percepito da alcune cellule recettoriali specializzate del cavo orale. UMAMI è un  termine giapponese che significa “saporito” ed è legato alla percezione del glutammato, quella molecola che è presente nel dado da brodo, nella saporificazione della cucina cinese, ma che è anche presente nel formaggio, nel brodo di carne e in altri alimenti proteici. I recettori dell’UMANI, che condividono in parte alcuni recettori del dolce, sono stati messi in evidenza nei primi anni del 2002 da alcuni studiosi statunitensi dell’Università di California a S. Francisco, proprio dove, da giovane, mi sono fatto le ossa…scientifiche.

UMAMI

Recentemente la fisiologia del gusto ha fatto un ulteriore passo avanti individuando i recettori di un sesto elemento gustativo che percepisce il GRASSO. Il recettore è una proteina codificata nel nostro DNA in un gene polifunzionale noto come CD36 (CD sta per Cluster Differentiation, una codificazione internazionale nel campo della immunologia). Il CD 36 è localizzato nel braccio lungo del cromosoma 7 e tecnicamente viene catalogato con la sigla 7q11.2.

Gli autori dello studio sul CD 36 sono dei ricercatori del Centro di Studio sulla Nutrizione Umana della Scuola di Medicina della Washington University di St. Louis, nel Missouri. La capacità percettiva della proteina recettrice del grasso non è tuttavia uguale in tutti i soggetti, vero é che le persone che tendono all’obesità hanno una percezione ridotta, il che non aiuterebbe il senso di sazietà per i cibi grassi e quindi  porterebbe ad ingrassare. Per ora lo studio è alquanto preliminare e i soggetti obesi testati sono un numero ridotto, circa una ventina, ma c’è da ben sperare che questo e altri risultati nel settore della conoscenza sensoriale ci aiuteranno presto a capire meglio la fisiologia del gusto e quindi ad avere una maggior conoscenza-coscienza del nostro mangiare e bere.

 

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