Quando l’autunno sfuma e la nebbia comincia a posarsi leggera sulle campagne venete, la terra si fa più silenziosa, ma non smette di donare. È il tempo delle verze e del radicchio, ortaggi che resistono al freddo e portano in tavola la parte più autentica dell’inverno.
La verza, cuore umile della cucina contadina
La verza è un ortaggio che non teme il gelo. Anzi, è proprio dopo le prime brinate che dà il meglio di sé: le foglie si fanno più tenere, il sapore più dolce.
Da secoli accompagna la cucina povera del Veneto, trasformando ingredienti semplici in piatti ricchi di sostanza.
Chi non ha mai assaggiato una soppressa con verze stufate, o una minestra di riso e verze, non conosce davvero il gusto dell’inverno veneto.

La verza ha sempre avuto un ruolo “familiare”: cresce negli orti di casa, si raccoglie con le mani gelate e si cucina in grandi pentole di coccio. È simbolo di pazienza e di calore domestico, di quella gastronomia che non fa rumore ma resta impressa nella memoria.
Il radicchio, fiore rosso della terra fredda
Accanto alla verza, c’è lui: il radicchio, il più elegante tra gli ortaggi d’inverno.
In Veneto ne esistono diverse varietà — dal Treviso tardivo, croccante e allungato, al Chioggia tondo e intenso, fino al Castelfranco variegato, che sembra un fiore di porcellana.

Nato come pianta spontanea, il radicchio ha trovato nel clima freddo e umido la sua forza: il gelo lo rende più croccante e ne esalta le sfumature amarognole. Oggi è protagonista di fiere, sagre e piatti d’autore, ma conserva un’anima semplice.
Nei piatti della tradizione, basta una padella di rame, un filo d’olio e un pizzico di sale per farne emergere l’essenza.
In cucina: la saggezza dell’inverno
L’incontro tra verze e radicchio racconta l’equilibrio perfetto della cucina veneta: rustica ma armoniosa, concreta ma elegante.
Sono ingredienti che non cercano l’effetto, ma l’armonia.
Si prestano a mille interpretazioni:
- verze ripiene con carne o riso,
- radicchio al forno con formaggi morbidi,
- risotto al radicchio trevigiano,
- minestra di verze e fagioli.
Piatti che riscaldano il corpo e riportano la mente al gesto semplice della terra: zappare, raccogliere, cucinare.
Oltre la tavola: un simbolo di identità
Verze e radicchio non sono solo cibo: sono simboli di identità territoriale.
Parlano di una cultura che sa valorizzare la lentezza, il ritmo delle stagioni, il legame con la terra.
In un mondo che corre, questi ortaggi ricordano che l’inverno non è assenza, ma attesa; non è povertà, ma abbondanza diversa.
È il momento in cui il gusto diventa più intimo, più riflessivo — come la vita nei piccoli paesi, come il tempo dell’orto.

Tra le nebbie di novembre e le luci di Natale che si avvicinano, verze e radicchio continuano a raccontare la gastrosofia del Nordest: quella che non separa mai la tavola dalla cultura, il gusto dalla memoria, l’orto dalla poesia.
E ogni volta che una foglia di verza sfrigola in padella, o che un radicchio si apre sotto il coltello, si rinnova quel legame antico tra uomo e terra che è la vera anima del Veneto.