Gallina di Polverara in canèvera

Attorno a questa ricetta si devono fare alcune precisazioni.
Il Cappone alla canèvera è un’antica specialità di probabile origine vicentina, nella zona Arzignano.

Questa raffinatezza si esprime attraverso una tecnica di cottura che dalla Terraferma si è estesa anche alle consuetudini alimentari di Venezia Città (Massimo Alberini “Antica cucina Veneziana”, 1990), divenendo una tipicità Veneta.

Il Cappone è un giovane galletto (maschio), castrato perché ingrassi meglio, che deve aver fatto per purgarsi, almeno 2 mesi di stia (gabbia).Con la castrazione perde la voce e la cresta gli viene tagliata per riconoscerlo, è un ingrediente delle pietanze natalizie locali.

La canevera (canna vera) altro non e’ che una canna palustre comune (Phragmites australis), peraltro usata per la copertura dei tetti dei casoni di valle e di terra ferma, di 20 cm circa, segata ai limiti esterni di due nodi e completamente cava, che funge, nella preparazione di questo piatto, da sfiato.

Phragmites australis
Phragmites australis

Uno strumento originale e raro per la cottura è la vescica di maiale. Con la vescica urinaria del maiale (o di bovino) ripulita e seccata si conserva un importante ingrediente, lo strutto; sottolineiamo che la particolare tecnica di cottura poteva essere applicata solo nel periodo autunnale, quando si usava uccidere il maiale, per ricavare i salumi destinati al consumo familiare e si conservava la vescica o per lo strutto o per cucinare il cappone novello.

Importanza della macellazione-frollatura.

Nonostante la crudezza insita nel gesto della macellazione, il “savoir faire” de le done de casa è andato perso. Gli animali erano trattati sempre con cura e con amore perché qualunque stress, paura o maltrattamento prima della macellazione aveva un effetto negativo sul prodotto finale.

Il sangue è un mezzo per la crescita di microrganismi: ecco perché gli animali erano dissanguati e appesi prima del rigor mortis. Il rigor mortis nei polli e nel maiale sparisce dopo sei ore dall’uccisione.
E’ preferibile che la carne sia sottoposta a un certo periodo di maturazione, cioè una lenta trasformazione chimica (frollatura), prima di essere mangiata. La carne diventa più tenera e più saporita.

La tecnica della cottura in canevera

NeLa Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”, di Pellegrino Artusi (1881) troviamo una ricetta del Cappone in Canavera. Che questa tecnica fosse nelle abitudini delle nostre genti è confermato dalla pubblicazione edita in Zara nel 1886 intitolata “Gastronomia sperimentale”, scritta da un attore gastronomo veneto, A. Papadopoli. Nelle sue disordinate ricette ci propone “un brevetto d’invenzione”, quale “Il bove in prigione”, interpretando la cottura in canevera usando la carne di manzo

Premessa

Generalmente preferiamo che la carne sia tenera e succulenta, piuttosto che dura e stopposa. Nella cottura cerchiamo di ridurre al minimo le perdite dei fluidi (umori) e l’indurimento delle fibre muscolari, e di provocare la trasformazione del collageno (duro e resistente) dei tessuti connettivi in gelatina solubile in acqua.
Un buon brodo si ottiene immergendo gli ingredienti nell’ acqua fredda. Una buona gallina bollita si ottiene immergendola in un brodo caldo. Il cappone in canevera è qualcosa di più: anticipa di molto i benefici delle cotture in pentola a pressione e attua la tecnica di cottura a bassa temperatura.

Cosa accade al cappone?

Il vapore rispetto all’acqua ha più energia da scambiare, se mosso in un contenitore chiuso fa salire la temperatura. Il cibo viene portato a cottura completa senza che nessun componente esca dai tessuti ad eccezione del grasso.

  • Le sostanze proteiche coagulano all’interno
  • Gli amidi si gonfiano e si legano tra loro
  • Gli zuccheri ed i minerali rimangono inalterati
  • Le sostanze coloranti non si disciolgono
  • La volatilizzazione degli odori è minima
  • Il grasso si liquefa
  • Le vitamine vengono distrutte o decadono in parte.
  • Non è adatto per grosse pezzature (vedi grasso)
  • Non è adatto per ortaggi di consistenza legnosa

Gli aromi ed il condimento sono a contatto con l’aria ma protetti dalle carni del cappone, e la superficie e gli “umori”del cappone sono protetti dalla vescica di maiale. La superficie della vescica è a contatto con il mezzo di cottura; l’acqua. E’ una caratteristica dell’acqua: a prescindere dalla durata e dall’intensità del riscaldamento, non supera e mantiene costante la sua temperatura di ebollizione. Il cappone per effetto del calore si riscalda gradualmente dall’esterno (carni) verso la cavità interna del ventre, mentre l’aria contenuta nella vescica, per effetto del calore, si riscalda gradualmente.

  • Le proteine delle fibre muscolari del cappone a 55 °C iniziano a coagulare e si restringono, trasudando liquidi e eliminando acqua, come quando si torce uno strofinaccio da cucina bagnato, sino a 75-80°C.
  • La vescica si riarricchisce lentamente di nuovi “umori” liquidi che bagnano costantemente il cappone mantenendolo sodo e succulento per il tempo necessario affinché anche la parte più dura delle fibre muscolari (il collagene del tessuto connettivo) si trasformi in gelatina (temperatura prossima ai 100°C).
  • L’aria riscaldandosi aumenta di volume e mette in tensione la vescica che reagisce come un elastico schiacciando i liquidi e la stessa aria calda sulle carni del cappone.
  • I liquidi contenuti nella vescica si riscaldano e per effetto della leggera pressione che si sviluppa nella vescica chiusa salgono di temperatura oltre i 100° vaporizzando.
  • Le condizioni fisiche della vescica attorno ai 100°C sono come quelle di una pentola a pressione: il vapore sfugge dai liquidi e passando attraverso le carni raggiunge la cavità ventrale, condiziona le verdure, le spezie e gli aromi per uscire nell’atmosfera attraverso la canevera.

A freddo l’odore relativamente debole delle verdure crude combinato con l’odore forte delle spezie per leffetto del calore inverte le caratteristiche; le verdure tagliate e cotte liberano odori forti che entrano nelle carni del cappone, le spezie poco solubili in acqua perdono una quantità trascurabile degli oli essenziali che si mescolano nel liquido. La presenza solubile della pectina della mela (in particolare buccia) contribuisce ad ammorbidire le verdure cotte e in condizione acida (limone) trasforma il sugo in gel.

Gallina di Polverara in canèvera

Conclusioni

Da questi pochi elementi ricaviamo che questo è un rito del cibo che si rifà all’ingegno delle casalinghe venete e della tradizione contadina e popolare, ma è soprattutto un elemento distintivo di una civiltà che non deve andar perso!

  • La vescica di maiale era reperibile solo in una precisa stagione dell’anno (uccisione del maiale).
  • Dopo il mangiare di magro della Vigilia, il cappone era ed è una pietanza Natalizia.
  • La canna palustre è espressione del territorio.
  • Gli altri ingredienti individuano le specifiche caratteristiche degli usi e costumi delle diverse aree del Veneto.

Al di là del tipo di pollame scelto nelle ricette (gallina, cappone, pita…) abbiamo recuperato una ricetta che ha elementi distintivi del modello alimentare della Saccisica-Padovana.

  • Michele Savonarola (Padova, (1385 –1466), medico, umanista, scienziato e docente all’Università di Padova) attribuisce ad Avicenna (alias Abū Alī al-usayn ibn Abd Allāh ibn Sīnā o Pur-Sina (980 -1037, è stato un medico, filosofo, matematico e fisico persiano) il consiglio di far arrostire la gallina all’interno del corpo di un capretto o di un agnello.
  • Steccare la cipolla con i chiodi di garofano tipico del gran bollito alla Padovana.
  • L’uso degli agrumi nel pollame si rifà alle nostre genti (vedi Capponi in fricassea di Cristoro Messisbugo,1552, Venezia) o al più recente “Pollastro a la Padovana co’l agro de limon” riportato da de Zuliani Salvatori nel libro “A tola coi nostri veci, Franco Angeli, Milano, 1983)
  • L’uso della mela (vedi “Bon savore da polastr”i ne “Il libro per cuoco” di un anonimo secolo XIV)

La ricetta

Dosi per 4 persone

Ingredienti

  • 1 gallina di Polverara di circa 2 kg ben frollata
  • 1 pezzo di canevera cm.20
  • 1 Vescica di maiale (lasciamo perdere se possibile il sacchetto di fibra naturale per cottura a vapore)
  • 1 mestolo di brodo.
  • Pepe fresco in grani

Per la farcia:

  • 1 carota
  • 1costa di sedano e 2 foglie
  • 1 cipolla bianca di Chioggia media
  • 1 spicchio di aglio in camicia
  • 1 mela
  • 3 fette Buccia di limone solo parte gialla
  • 3 fette buccia di arancia solo parte arancio
  • un pezzo di cannella
  • 4 chiodi di garofano
  • Olio extravergine di oliva
  • Mezzo cucchiaino di zucchero in canna
  • 1 cucchiaino di sale grosso

Esecuzione

Farcia:
Steccare la cipolla con i chiodi di garofano.
Tagliare la mela a dadini lasciando la buccia.
Tagliare a pezzi medi sedano e carota e dividere a metà l’aglio.
Miscelare tutti gli ingredienti assieme alle bucce di agrumi, alla stecca di cannella, al sale ed allo zucchero

Preparazione preliminare

Passare rapidamente il cappone sulla fiamma per bruciare e poi eliminare la peluria.
I penoti (parte terminane delle piume) più duri vanno tolti con la punta del coltello.
Estrarre le interiora e lavarlo con cura.
Salarlo e peparlo internamente.
Massaggiarlo con sale e pepe esternamente e riempirlo con la farcia.
Inserire la canèvera nell’orifizio della cavità ventrale della gallina da poco farcita.
Chiudere con ago e filo da imbastire.
Legare con spago da cucina le cosce aderenti al busto.
Avvicinare e legare assieme l’osso dee pupoe (cosce) con la canevera.
(Questa operazione consente alla gallina di respirare durante la cottura, gli umori sciogliendosi vengono a contatto con aromi interni che si fissano per effetto della pectina presente nella mela e per effetto del collagene presente nella gallina.)

Inserire a testa e a petto in giù nella vescica in modo che l’estremità della canevera fuoriesca e diventi un camino per il vapore che si formerà in cottura all’interno.
Chiudere la bocca della vescica legandola sulla canevera.
(questa operazione permetterà al vapore acqueo formatosi all’interno della vescica di veicolare la temperatura passando attraverso le carni per poi uscire all’esterno tramite la canna durante la cottura. Garantisce inoltre alla vescica di non scoppiare.)

In una capace pentola piena d’acqua salata in ebollizione porre il cappone, legare la canevera al manico lasciandola fuori dall’acqua e coprire.
Far bollire a fuoco lento per 3/4 ore.
A cottura ultimata estrarre il cappone dalla vescica, recuperando il fondo di cottura, che diventa un sugo.
Il sugo, se necessario, può essere ulteriormente ristretto facendolo bollire in una padella per renderlo più denso e saporito.
Tagliare la gallina a pezzi, ricomporla nel piatto di portata e irrorarla con il sugo di cottura.
Servire la gallina ben calda.

Note

Gli animali giovani tendono ad avere nei loro tessuti una proporzione di collagene maggiore di quella degli animali più vecchi, che si trasforma in gelatina più facilmente perché nelle molecole si sono sviluppati meno legami trasversali. Questa gelatina in cucina è “il buon gusto che peta (appiccica) in bocca, cosa assai diversa dal gusto che sa da petin (attaccato-bruciato).

La gustosità delle carni è evidenziata da questo particolare tipo di cottura: in canavera.