Sebbene “nata” da molto tempo, la biodinamica rimane sconosciuta ai più, come criptica rimane ancora la ragione del suo agire sin dai tempi del suo promotore Rudolf Steiner (Donji Kraljevec, 1861 – Dornach, 1925). Per chi volesse farsene un’idea consiglio, per cominciare, due libri: 1) Rudolf Steiner, Impulsi scientifico-spirituali per il progresso dell’agricoltura, Antroposofia ed.; 2) Nicolas Joly, Il vino tra cielo e terra, Porthos ed.2004.
Antroposofia a parte é stata davvero una bella sorpresa, qualche sera fa, quella fattaci dall’amico Giuseppe di una degustazione alla cieca nel corso di una serata dedicata ai vini della Loira, preparata con vari abbinamenti, dal bravo Antonio, sommelier e cuoco per passione, dopo un viaggio enologico fatto in Francia.
Quando il mistero é stato alla fine svelato ci siamo trovati di fronte ad un Chenin blanc in purezza del Clos de la Coulée de Serrant di Nicolas Joly, vignoble in quel di Savennières, un comune di circa 1.400 anime nel dipartimento del Maine-Loira. Nicolas é uno che le idee le ha piuttosto chiare se nel suo sito dice di “voler fare non solo un vino buono, ma anche un vino vero“! Poi occorre però chiarire un po’ la semantica. Comunque sia Nicolas rimane un personaggio davvero curioso e di spirito quando scrive:” Nella nostra proprietà abbiamo trovato questo fine settimana alcuni oggetti (si tratta di monete d’epoca), preghiamo questo buon Luigi (il re impresso sulle monete) (e Enrico IV) di passare nel vigneto a recuperarli o di incaricare qualcuno dei loro lacché“.
La tenuta della famiglia Joly ha una storia antica che risale ai monaci cistercensi che vinificavano in questa terra almeno fin dal XII secolo. Il dr Nicolas Joly, dopo un’esperienza nel mondo della finanza, decise di convertirsi al più godibile mondo del vino facendo, dopo non pochi tentativi, una scelta drastica nel mondo “misterioso” dell’agricoltura biodinamica praticando dal 1983 le idee di Steiner in tutti i suoi ettari vitati che la famiglia possiede dal 1961.
Sorprendentemente il vino del nostro Nicolas non viene menzionato nel Dictionnaire des vins de France di Hachette e nemmeno ne “Le più belle strade del vino: itinerari in Europa tra filari e vigneti” della De Agostini, solo per citare due noti volumi che tengo fra i tanti sui miei scaffali di lavoro, ma questo non mi sorprende per nulla perché le guide talvolta sono molto più misteriose dell’antroposofia di Steiner. Meno male che se n’é ricordato il Petit Larousse des vins, altrimenti avrei cominciato un po’ a preoccuparmi.
Il Larousse dipinge una certa eccentricità, che peraltro non manca, del nostro vignoble come non manca un giudizio che non lascia dubbi: “Nicolas Joly s’est fait connaȋtre des techniques de culture en biodynamique avec l’observation de l’influence de la lune et des étoiles sur se vins. Tout cela pourrait être considéré comme une simple excentricité si sa cuvée de Coulée-de-Serrant, provenant d’un vignoble unique à Savennières, n’était pas un grand vin, à tous points de vue. Ces vins ont un très bel avenir devant eux”. Meno male!
Il vino che abbiamo degustato e apprezzato é un Chenin blanc, altrimenti detto Pineau de la Loire, che esprime il meglio di sé quando l’uva viene attaccata dalla muffa nobile (Botrytis cinerea), cosa che non capita tutti gli anni. Il vino esprime fra l’altro un’ottima mineralità (norisoprenoidi) che viene bene espressa quando i terreni sono come nel nostro caso, scistosi, quarziferi e ricchi di silicio.
Lo Chenin blanc é un vitigno che viene coltivato da queste parti almeno fin dal IX secolo quando ne divennero coltivatori i benedettini dell’abbazia di Glanfeuil o Saint-Maur-sur-Loire, nella vicina Anjou. Oggi lo Chenin blanc, per la sua polivalenza espressiva e per la sua straordinaria adattabilità, viene coltivato un po’ dovunque non solo in Francia ma in molti paesi al di qua e al di là dell’oceano e largamente in Sud Africa, col nome di Steen, nella lussureggiante Stellenbosch, nel distretto di Cape Winelands, nella Provincia di Western Cape; un vitigno che dà vini diversissimi fra loro ma che nella Loira ha trovato un punto di sicura di quell’eccellenza che già Francois Rabelais (Chinon, 1494 – Parigi, 1553) apprezzava col nome di Pineau d’Anjou. Un vitigno dalla fioritura precoce e della maturazione tardiva e che oggi é il secondo vitigno più coltivato nel territorio dell’Anjou-Touraine (Angiò-Turenna).
Il vigneto di Nicolas Joly viene coltivata a gobelet o a guyot; le piante hanno un’età media intorno ai 40 anni, l’intensità d’impianto é di 4.800 piante/ha e la resa é di 18 hl/ha. La raccolta avviene rigorosamente a mano. La fermentazione avviene lentamente sui lieviti endogeni in legno non nuovo: barrique e botti da 500 hl con successivi 6-8 mesi di permanenza sulle fecce. Il contenuto di solforosa sfiora i 60 mg/L ca.
Il vino degustato ha tutte le caratteristiche che ci si aspetta da uno Chenin blanc della Loira, un diretto concorrente del Riesling alsaziano se non della stessa Mosella, dove peraltro ho trascorso recentemente un bellissimo e utilissimo periodo di studio con dei meravigliosi assaggi guidati da vari produttori di grande nomea. Il vino si presenta é secco, caldo (15,5%) con sentori floreali, anche se prevalgono quelli fruttati; il gusto é leggermente mieloso con una buona freschezza che giova all’invecchiamento. Non manca tuttavia la giusta morbidezza che aiuta l’equilibrio complessivo. Nelle annate nelle quali avviene l’attacco della muffa nobile c’é una maggior complessità che arriva a far avvertire l’uva passa, la confettura di mela cotogna, lo speziato e altro ancora.
L’abbinamento consigliato é con piatti di media struttura a base di carni bianche, ma qui da noi anche con primi piatti di pasta con ragù bianchi o con pasticci a base di ortaggi e verdure, va benissimo; ottimo con i pesci e con i crostacei, può sostenere pure dei buoni caprini stagionati.
In conclusione un vino sicuramente da provare, meglio se condiviso nella convivialità anche per condividere il costo che si aggira a seconda delle annate e dei fornitori sui ca. 60-80€.