Turchia: tanto vicina eppure così lontana. Un paese con il quale, la Repubblica di Venezia ha avuto secolari, seppure non semplici, rapporti commerciali e non solo. Oggi é un paese moderno, bellissimo che vale la pena di conoscere per mille ragioni, dal paesaggio, alla storia, dall’arte alla cucina ecc.. Uno degli aspetti più interessanti é quello agroalimentare e enogastronomico con un’attenzione particolare al vino. Il vino, pur trovandosi un po’ dovunque in Turchia, soffre, oltre ad un generale salto di qualità sul piano tecnologico, di una pesante tassazione che mira a ridurne il consumo e quindi in qualche modo ne penalizza il commercio.
Come molti sanno, intorno al monte Ararat la coltivazione dell’uva e la produzione del vino risale almeno a 7.000 anni fa. Ai tempi delle civiltà degli Hittiti , degli Hatti e dei Frigi, il vino, oltre ad avere uno scopo sociale, aveva soprattutto un uso rituale e religioso. Furono queste civiltà che trasmisero ai coloni greci la pratica della viticoltura e prima di questi lo trasportarono in Europa. In Turchia quindi la storia enologica certo non manca. L’anatolico Misket ad esempio fu il capostipite del famoso Moscato; per non parlare del Pramnios, della zona dell’antica Smirne, oggi Izmir, il vino che viene citato da Omero.
Con l’avvento dell’Islam, e poi durante l’impero Ottomano, la produzione del vino non vide grandi cali di produzione se non in periodi storici particolari. Col tempo tuttavia la produzione del vino passò dai turchi alle minoranze cristiane come quelle greche, armene, siriane ecc.. La tolleranza in fondo non intaccò più di tanto la produzione del vino vero é che nel 1904 l’esportazione del vino turco raggiunse i 340 milioni di litri, (specie come vino da taglio) oggi se ne producono circa 75 milioni, ma di questi se ne esportano meno del 3%. Nei primi decenni del ‘900 Kemal Atatürk, il padre della Turchia moderna, fece costruire cantine pubbliche cercando di persuadere i suoi connazionali sulle virtù del vino, ma non ebbe grande successo in quanto é ancora importante nel costume della Turchia la proibizione del Profeta di assumere bevande alcoliche (Sura, 5:90-91: “O voi che credete! Il vino, il gioco d’azzardo, le pietre idolatriche, le frecce divinatorie sono immonde opere di Satana. Evitatele affinché possiate prosperare”. I turchi nel quotidiano al vino sembrano preferire la birra Efes (quasi un monopolio) e il Raki, un distillato d’uva, a volte uva passa e fichi, cui si aggiungono anice e finocchio dare aroma, e che si intorbidisce quando si aggiunge dell’ acqua. Il Raki viene consumato diluito con acqua e si beve soprattutto in compagnia come abbinamento con gli stuzzichini, che qui sono numerosi e davvero accattivanti.
Dalla fine della prima e quindi dopo II guerra mondiale entrarono in Turchia gli enologi francesi (es. Emile Bouffort e Marcel Biron) i quali oltre a migliorare la qualità della produzione vinaria, iniziarono ad introdurre e a sperimentare i vitigni francesi come Semillon, Cinsaut, Viogner e altri. Attualmente la Turchia vanta circa 1.200 varietà d’uva con circa 700-800 genotipi diversi, sebbene solo una sessantina siano coltivati a scopo commerciale fra i quali molti autoctoni quali: Yapincak, Papazkarasi, Adakarasi, Çalkarasi, Bogăzdere, Dimrit, Karalahana, Sultaniye, Vasilaki e altri ancora. Negli ultimi anni sono stati fatti passi importanti nella tecnologia del vino in Turchia con l’utilizzo di metodi di vinificazione moderni, l’uso di vasche di acciaio inox, il controllo della temperatura ecc. Nonostante gli sforzi, per una mancata domanda interna, il mercato del vino rimane ancora ancillare con livelli commerciali alquanto bassi nonostante un considerevole potenziale.
La Turchia oltre ad essere uno dei maggiori produttori di uva passa, é il sesto produttore mondiale di uva, soprattutto da tavola, ma ne vinifica meno del 3% ca. I vitigni più coltivati sono di origine europea, soprattutto francesi quali Cabernet sauvignon, Merlot, Petit verdot, Gamay, Pinot nero, Clairette, Riesling, ed altri ancora. Intorno ad Istanbul (Tracia e mar di Marmara), dove il clima ha carattere mediterraneo, si produce circa il 40% dei vini turchi, mentre lungo le coste del mar Egeo la produzione nazionale raggiunge il 20% con vitigni del sud della Francia quali Grenache e Carignan. Anche nella regione dell’Anatolia é molto presente la viticoltura. Nell’Anatolia centrale dove il clima é continentale con estati molto calde e inverni piuttosto freddi, la coltivazione della vite avviene a circa 1.000-1.200 m.s.l.m. dove sono caratteristici i vitigni autoctoni a bacca nera quali Öküzgözü (occhio di bue) e Bogăzkere e Narince a bacca bianca. Nell’Anatolia orientale (Elezig, Malatya e Diyarbakir) nella valle dell’Eufrate si coltivano uve con rese alquanto basse e solo di varietà locale. Altre località dell’Anatolia vinifera si trovano a settentrione (Tokat) e nel sud-ovest (Denizli).
Fra i maggiori produttori troviamo aziende come Tekel (Anatolia), un tempo totalmente statale, oggi in via di liberalizzazione, che produce ed esporta, accanto ad aziende private come Doluca (Tracia), Diren, uno dei primi produttori ad apportare miglioramenti tecnologici e Kavaklidere (Ankara) con i bianchi da Emir, e Sultaniye e i rossi Bogăzkere, Kaleci karasi e Öküzgözü, mentre il produttore Sarafin, (nella penisola di Gallipoli in Tracia) si é specializzato nella produzione di vini internazionali. Sono queste delle realtà oramai ben consolidate e piuttosto affidabili. Per onor di cronaca citiamo pure la cantina di Pamukkale, in una splendida località climatico-termale, ma che sta ancora cercando una strada giusta. In Italia volendo, non mancano gli importatori per un’occasione davvero interessante.