La Vespolina o Ughetta, com’é chiamata nell’Oltrepò pavese viene qui coltivata fin dal XVIII secolo. Ce ne dà notizia l’Acerbi (1885), e quindi il Galleso (1889) che la classificò come Vitis vinifera Circumpadana. Dopo l’attacco della fillossera della fine ‘800 e il reimpianto su piede americano la sua importanza andò scemando per l’irregolarità della maturazione dell’uva; venne sostituita dalla Barbera e da altre viti tipiche dell’Oltrepò pavese. Il grappolo si presenta di grandezza media, consistente e allungato, cilindrico o conico con una sola ala (di norma). L’acino è di forma ellissoidale, la buccia pruinosa è di colore rosso scuro tendente al nero; la polpa è molle e succosa.
Fra i vari sinonimi della Vespolina ricordiamo quelli di uvetta di Canneto in Oltrepò, la balsamina della della Val d’Ossola, il nespoulìn, l’ inzaga, la massana, la solenga, la novarina, l’uva cinerina e altri ancora. La Vespolina viene generalmente utilizzata in assemblaggi con l’Uva Rara, la Croatina, il Barbera e financo col Nebbiolo per il buon contribuito che dà di alcolicità, di colore e di profumi floreali e speziati. L’Ughetta viene utilizzata in molti assemblaggi nelle denominazioni piemontesi: Colline Novaresi, il Bramaterra, Coste della Sesia, Fara, Boca e Ghemme, quando il vino merita l’imbottigliamento, diversamente se viene assemblata con la Freisa si ottiene un prodotto beverino per tutti i giorni.
Un buon prodotto della Ughetta in Purezza è il Vespolino dell’ Azienda Vercesi del Castellazzo in quel di Montù Beccaria (PV).
La proprietà dell’azienda si estende per circa 20 Ha e le vigne crescono ” felici” lungo un crinale marnoso detto, nomen omen, “Pezzalunga”, esposto a sud-est ad un’altitudine compresa tra i 250 e i 300 mslm. Un tempo il vino qui lo facevano i padri Barnabiti finché non giunse Napoleone, l’esproprio dei beni religiosi e la costituzione della Repubblica Cispadana. Nell’allevamento le vigne sono rispettate il più possibile per non alterare le caratteristiche tipiche di un prodotto del terroir. Dal 1995 l’azienda applica i regolamenti comunitari per un minore impatto ambientale. Da qui l’inerbimento del vigneto, il non utilizzo di diserbanti, l’accurata potatura e il solo uso di rame e zolfo.
La vendemmia viene eseguita a mano quando le uve sono leggermente surmature in quanto la maturazione tannica è tardiva rispetto a quella degli zuccheri. La pigiatura avviene senza aggiunta di solforosa e il mosto viene fatto fermentare utilizzando lieviti autoctoni. A seguire avviene una breve macerazione a bassa temperatura per favorire l’estrazione dello speziato e per evitare l’eccesso dei tannini. Viene quindi condotta la fermentazione malolattica e quindi il travaso. Ultimi passaggi sono la chiarificazione, la filtrazione e quindi l’imbottigliamento al quale segue dopo alcune settimane di stabilizzazione, la commercializzazione.
Il vino. All’occhio si presenta di un rosso rubino piuttosto intenso (quello degustato del 2009 aveva un’unghia granata) con riflessi cristallini; al naso odora di pepe verde, confettura di frutti selvatici e sentori speziati. In bocca é morbido con una gradevole tannicità e un fine gusto di sottobosco. In sintesi il vino é fine, abbastanza ampio, equilibrato, di discreta struttura, abbastanza caldo e fresco per chiudere in maniera armonica.
I produttori ne consigliano l’abbinamento con i salumi, le carni bianche e rosse e i pesci grassi. Il rapporto qualità/prezzo non lascia dubbi nel tenere delle bottiglie in cantina da condividere con gli amici che apprezzano vini particolari come questo.
Infine, si consiglia una visita all’azienda sia per la produzione vinaria sia per la panoramicità del castello identitario di Montù Beccaria di proprietà della famiglia Vercesi, che con i fratelli Gianmaria in cantina (e marketing) e Marco in vigna, delle uve autoctone dell’Oltrepò hanno fatto una scelta identitaria.