Diploma di Enrico III del 1055 intorno ai Saccensi

(Ex Libro: De re nummaria patavinorum, Joannis Brunatiis. Venetiis 1744, in 8 pg.5 e segg.)

traduzione della Professoressa Anna Donata Baldi

 

Enrico III
Enrico III

In nome della Santa ed Indivisibile Trinità, Enrico Augusto Imperatore dei Romani con il favore della clemenza divina Se, secondo quanto è scritto soccorrete gli sventurati, tendiamo misericordiosamente la mano, come si addice alla clemenza imperiale, ai miseri e ai poveri, certamente come ai perseguitati da violente oppressioni, dobbiamo sperare di ricevere un premio e ora e in futuro. Perciò sia noto a tutti coloro che appartengono alla Santa Chiesa di Dio e ai nostri Fedeli sia futuri che presenti in che modo gli uomini che abitano nella Valle che è chiamata Sacco1 sentirono la nostra clemenza in occasione dell’oppressione dell’ingiusta servitù in cui il Vescovo di Padova aveva violentemente costretto loro che si lamentavano in modo tale da destare compassione.

Tuttavia noi, come aiuto alla nostra anima e per l’intervento della nostra direttissima consorte Imperatrice Agnese, e per l’aggiunta di nostro figlio, il Re Enrico IV, ordiniamo e ratifichiamo che qualsiasi cosa il vescovo di Padova abbia loro portato via con la violenza o qualsiasi atto li abbia costretti a fare, sia restituita loro equamente: e in secondo luogo decretiamo che siano liberati dall’ingiusta servitù, e che assumano stabilito dalla nostra autorità imperiale così da chiamarsi sempre in futuro Arimanni: e si servano di questa consuetudine di cui ora si servono tutti gli altri Arimanni nel contado di Treviso.

Inoltre quando noi verremo nel regno Italico, come erano soliti nei tempi antichi, sborsino sette libbre e noi ordiniamo le decime per ogni anno.

Oltre a ciò, poi, né il Vescovo né altra autorità grande o piccola del nostro Regno osi molestare e inquietare gli uomini predetti senza un processo legale.

Poiché agiamo anche a favore della Chiesa secondo giustizia, abbiamo deciso che agli uomini predetti non sia lecito vendere la loro stessa Arimannia all’Arcivescovo o al Vescovo o al Patriarca o al Duca, al Marchese, al Conte, al Visconte, né a qualche altro potente, a meno che non vogliano saldare secondo consuetudine e giustizia il debito per l’Arimannia alla Chiesa di Padova.

Ma secondo questa nostra Imperiale assicurazione qualcuno esigerà qualcosa dai suddetti Arimanni o tenterà di infrangere il nostro Ordine metta insieme cento libbre di oro puro, metà per la Camera Imperiale e metà per gli uomini stessi.

Affinché si ritenga ciò del tutto vero, abbiamo ordinato che questa disposizione scritta di nostro pugno sia convalidata, come si vede più sotto, a riprova, dalla sovrimpressione del nostro sigillo.

1 Il toponimo Saccolongo, riferentesi all’omonimo Comune in provincia di Padova, pur avendo un’origine ancora indefinita, sembra tuttavia derivare da saccus, ossia le insenature o insaccature che, nell’antichità, si formavano dopo le alluvioni provocate dal Bacchiglione che bagna tale luogo.