Trieste tanto bella e tanto dimenticata! Trieste città di Italo Svevo, Umberto Saba, Giorgio Strehler, Fulvio Tomizza, James Joyce, Rainer Maria Rilke e del fantastico, quanto non abbastanza noto pittore Umberto Veruda, amico di Svevo e di tanti altri ancora. Per le mille cose da vedere e da gustare Trieste vale sicuramente ben più di una visita.
Per chi ama il vino una tappa d’obbligo è l’enoteca fondata nel 1777 dallo svizzero Antonio Bischoff, che ancora oggi porta il nome del fondatore. Trieste è altresì la città dei caffè storici, anche se oggi alcuni non hanno più lo smalto di un tempo, ma meritano comunque una visita!
Trieste è anche la città delle tante pasticcerie straripanti di “dolci da forno”, vecchi ricordi della nonna, casarecci, ma gradevolissimi.
Fermiamoci un po’ su quest’aspetto. Le origini dei dolci triestini sono un po’ oscure un po’ di fantasia, di certo c’ é un’ origine levantina con influssi ebraico-mediterranei nei prodotti come l’uvetta, le mandorle, i fichi, la frutta secca ecc. trasportate dalle “calandre”, le navi mercantili greche; per non parlare della pasta “fillo” di indiscussa origine turca.
Tra i dolci tradizionali c’è il Presnitz, nato, si dice, da un concorso a premi fra pasticceri (Preiz Prinzessin ossia Premio Principessa) per onorare la Principessa Sissi; mentre altri lo vogliono come ricordo della corona di spine di Cristo. In realtà il lemma presnitz pare che derivi molto probabilmente dallo sloveno presnitz di Kostanjevica, un dolce pasquale che prende il nome dall’omonimo monastero francescano e che viene riportato nel libro La Cucina Triestina nel 1923. La ricetta originale vuole la pasta frolla riempita con uvetta (ripresa in vino bianco), mandorle tritate, noci, pinoli, cedro candito,
pangrattato fritto nel burro, burro, zucchero e aromi vari: chiodi di garofano, noce moscata in polvere, cannella, buccia di limone e arancia grattugiati.
Il Presnitz che ho degustato a Trieste é un tortiglione la cui forma ha un significato simbolico: “per quanto giri il mondo alla fine torni sempre a Trieste”- così mi spiega la titolare della pasticceria Giorgi, in via Carducci, che Pellegrino Artusi lo riportava così nel suo famoso libro di cucina: “Dolce di tedescheria … Ne chiesi la ricetta … e mi piacque”. Si abbina ottimamente con un vino friulano come il Picolit o il Ramandolo.
La Pinza. La mattina del giorno di Pasqua, la famiglia usava, mi dicono, riunirsi dopo la messa per una abbondante colazione rituale, con prosciutto e Pinza, con il fiore di finocchio e il rafano grattugiato. Controversa l’origine del nome: dal latino “pinsum”(schiacciare) se non dal longobardo “bizan” (mordere). La pinza è un pane dolce lievitato, morbido ed aromatizzato, ideale per una prima colazione anche oggi, accompagnato con marmellata d’albicocca e arance
Abbiamo poi la Putizza, un dolce tipico della cucina del Carso, con la pasta simile a quella della pinza e un ripieno simile a quello del presnitz, con aggiunta tuttavia di cioccolato e rhum. Va abbinata ad una grappa o da un vino liquoroso.
Fave. dolcetti di pasta di mandorle, serviti con il the o vin santo. E’ un prodotto autunno-inverno, simile alle “Fave dei morti” che si trovano in questo stesso periodo dell’anno anche a Venezia. Ancora oggi le migliori pasticcerie triestine seguono ricette antiche quando le mandorle venivano prima macinate e poi lasciate asciugare accanto al “fogher” e quindi impastate con zucchero, uova e alcool. L’impasto veniva aggiunto di cedro per le fave bianche, cacao per quelle marroni e essenza di rose per quelle di color rosa, con una tostatura-asciugatura in forno tiepido.
In conclusione, andate a Trieste e non fatevi mancare nulla.