Il Teroldego è un vitigno a bacca nera tipico del Trentino. Esso viene allevato nella Piana Rotaliana nei territori dei comuni di Mezzocorona, Mezzolombardo e San Michele all’Adige con la frazione Grumo.
La Piana Rotaliana é di origine alluvionale ed è locata nel nord del Trentino. Essa è circondata da pareti rocciose che la proteggono dai venti freddi ed é delimitata dall’ Adige, dal torrente Noce, e dalla Gola della Rocchetta dove inizia la Val di Non. In Trentino il Teroldego è coltivato da molto tempo magari con sinonimi vari come Teroldega, Merlina (oggidì in Valtellina) e altri ancora. Ne parlano enologi famosi del XIX secolo quali l’Acerbi, il Pollini, e Edmund Mach (1846-1901) che lo voleva di origini tirolesi. E. Mach, vale la pena ricordarlo, diplomato al Politecnico di Praga e a Vienna, dopo aver svolto compiti di assistente e ricercatore nel centro di ricerca per i vigneti e frutteti di Klosterneuburg in Austria, fu il fondatore e il primo direttore dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige per volere della Dieta di Innsbruck (1873).
Il nome della Piana Rotaliana pare derivi da Rotari (606 – 652) re dei Longobardi e d’Italia promulgatore del famoso Editto che porta il suo nome, un insieme di antiche leggi longobarde, che ancor’oggi si conserva in copia unica nella collezione di manoscritti della Biblioteca Capitolare di Vercelli.
Il Teroldego ebbe un suo momento di felice consumo durante il Concilio di Trento durante con varie interruzioni per quasi un ventennio (1545- 1563) dov’era noto come Tiroler Gold, l’oro del Tirolo. Analisi del DNA hanno messo in evidenza delle parentele del Teroldego con antichi vitigni del medio-oriente quali Lagrein, Sirah e Marzemino (Scienza, 2000). Le prime notizie certe sul vitigno rimandano allo storico del Concilio tridentino, Michelangelo Mariani, vescovo nel XVII secolo.
Come detto sopra i vigneti di Teroldego prosperano in un’area protetta dalla corona di montagne che li circondano che mantengono d’estate e d’inverno condizioni climatiche favorevoli con un habitat non riproducibile in altri ambienti per la coltivazione di questo storico vitigno.
Pianta e frutto
La foglia è di forma pentagonale e trilobata con pagina inferiore un po’ lanuginosa.
Il grappolo ha maturazione tardiva, è di forma allungata a piramide ed ha dimensioni medio-grandi (circa 350 g): talvolta è alato
Acino sferico o subovale di dimensioni medie, pruinoso a buccia spessa di colore blu-nero e polpa succosa di gusto neutro.
Predilige terreni leggeri di medio imposto. Produzione costante. La resa media é di 2,5 kg per ceppo ed una densità d’impianto media di 4000 piante /ha con 90-100 q/ha.
IL VINO
DOC dal 1971. La fermentazione avviene in acciaio o in rovere, come pure in rovere é l’affinamento. La tipologia Superiore prevede due anni di invecchiamento a partire dal primo gennaio dell’anno successivo alla vendemmia.
Il colore é di un bel rosso rubino intenso; al naso vinoso con sentori di frutta di bosco, viola e lampone; in bocca é fresco, secco, morbido, abbastanza caldo (vol. alc. 11,5%-12% per il Superiore), di buona struttura con tannini gradevoli e con retrogusto amarognolo e di mandorla. Raggiunge il picco della maturazione mediamente sui 4 anni, che se fatto bene, e sono vari i buoni produttori, anche oltre i quattr’anni senza grandi problemi.
Fino a circa due anni il Teroldego può considerarsi giovane e va servito a temperatura di cantina sui 15-16 gradi C, abbinandolo con i primi piatti specie della tradizione trentina dai famosi strangolapreti, ai canederli al burro e formaggio, alla frittata con le patate al forno. Se di età oltre i due anni la temperatura di servizio dovrebb’essere intorno ai 20 gradi C, con abbinamento di piatti al ragù, spezzatini di cacciagione, formaggi stagionati, carni rosse, salumi e selvaggina.
A chi piace, il Teroldego è adatto pure per la produzione di Novello (macerazione carbonica) buono con le castagnate.